Cinquant’anni fa frequentavo le scuole medie, credo che la mia mente fosse piena delle poesie da imparare a memoria per l’esame di licenza (dodici, solo quelle di Leopardi!) sulle quali vigilava il prof. Risveglio Zilli. Non ricordo d’aver sentito parlare della costituzione della biblioteca del Circolo Universitario.
Diciottenne, venni poi convinto da alcuni amici un po’ più grandi a frequentare il CUCC: ero in quarta liceo, un adolescente timido e introverso, insicuro e piuttosto ignorante, al di là dei programmi scolastici. Lo dico per i giovani d’oggi che stenteranno a credermi, ma non c’era internet, allora. A casa mia non c’erano libri, a parte un’enciclopedia per ragazzi ed i testi oggetti di studio. Credo fosse una situazione piuttosto diffusa tra i ragazzi della piccola borghesia o quelli, piuttosto rari al liceo in quegli anni e quasi tutti maschi, figli di operai o artigiani o commessi.
Al CUCC gli universitari discutevano di Vietnam e dei problemi della montagna, del film ‘Gli ultimi’ di Turoldo, di ‘Lettere a una professoressa’, dei contrasti tra anarchici e comunisti nella guerra di Spagna, dello sviluppo turistico di Razzo-Mediana contrapposto allo Zoncolan, dello scandaloso libro “revisionista” di Carnier sui cosacchi in Carnia; si ascoltavano i censurati 33 giri di De Andrè e del gruppo de ‘ IGufi’. Qualcuno ancora voleva tener viva la goliardia, il consumo alcolico era molto ben accetto. Si stampava ‘Carnia domani’ e si progettava la stagione di prosa al David.
Nella stanza a fianco, nell’appartamento a piano terra di via Patriarca della Torre, c’era la biblioteca. Appresi che era stata costituita cinque anni prima dai ragazzi fondatori del Circolo, riunendo i libri che avevano in soffitta e in cantina, procedendo a scambi e sollecitando donazioni: forse la più ricca era stata quella di siore Tine, che gestiva un’osteria agli inizi di via Ermacora frequentatissima dagli universitari.
A me, affascinato da quell’ambiente e reso ancora più taciturno dalla palese inadeguatezza, il CUCC piacque soprattutto per la biblioteca, che risolveva molti miei problemi per le ricerche scolastiche e le mie curiosità di lettura. La musa di quell’ambiente era Adriana Pittoni, la presidente del sodalizio ma soprattutto da subito un’amica, una guida, una di quelle persone speciali che ti fanno crescere, che capiscono le tue difficoltà e, che senza farti pesare niente, senza fare lezioni (eppure era una giovane insegnante), ti danno dei consigli di lettura alla tua portata e ti incoraggiano, ti danno fiducia.
Quando l’ambiente del CUCC cambiò, e divenne bivacco di collettivi, tra rumorose femministe e proletari in divisa, Adriana lasciò la presidenza e salì al primo piano dello stabile, con la biblioteca, che finalmente trovava un po’ di spazio per fronteggiare la forte crescita del patrimonio librario. La donazione al comune di Tolmezzo non fu semplice, ricordo un’assemblea all’albergo Roma: nessun onere per il comune, per carità. Volontariato ancora. Io, originario di Gemona, sapevo che lì c’era una antica biblioteca, con documenti preziosi. Avevo sentito parlare di quella ancora più ricca di San Daniele e mi ponevo il problema: va bene che storicamente nei secoli Tolmezzo si era retta democraticamente e non aveva famiglie aristocratiche con grandi palazzi, che altrove facevano costruire chiese che erano scrigni d’arte, anche in piccoli centri come Venzone. Tolmezzo dovrà arrivare al Settecento del ricchissimo e non nobile Jacopo Linussio per avere un mecenate. Ma che fine avevano fatto le biblioteche dei colti pievani? Tutto ai nipoti, che avevano venduto tutto?
In ogni caso, nei primi anni settanta arrivò il trasferimento al piano terra di Palazzo Frisacco ed arrivò la bibliotecaria, Paola Artico. Adriana Pittoni continuò a lavorare gratuitamente, destreggiandosi tra famiglia, scuola e biblioteca. Nel 1976 il terremoto lesionò gravemente il Palazzo e la biblioteca fu fortunosamente spostata al piano terra dell’attuale sede di uffici comunali di via Linussio, già caserma della Milizia Confinaria e già scuola.
Con la ricostruzione degli anni ottanta, fu restaurato anche Palazzo Frisacco e sul retro, dove sorgeva la scuderia, fu costruita ex-novo una struttura a due piani, da Adriana giudicata insufficiente fin da subito. Grandi progetti si erano vagheggiati per il teatro e per la biblioteca, inseriti nel centro storico ancora in fase di ristrutturazione. Furono adottate soluzioni al risparmio ed Adriana preferì farsi da parte.
L’iniziativa del recupero delle vecchie carceri, già destinate alla demolizione, è storia degli anni novanta. L’idea di salvare quell’edificio, d’epoca napoleonica nella parte più antica, fu dell’architetto Claudio Puppini, prematuramente scomparso, la decisione di adibirlo a sede della biblioteca civica fu della giunta guidata da Ilario Brollo, la progettazione dell’architetto Gianpaolo Della Marina. Il completamento, con la realizzazione delle sale di lettura negli spazi del vecchio cortile delle carceri, fu opera dell’amministrazione da me presieduta. Siamo ormai negli anni duemila.
Conservo una foto di Adriana, visibilmente sofferente per la malattia, ma felice, quel giorno. E ricordo la commozione provata nella cerimonia di intitolazione della Biblioteca Civica a lei, ormai scomparsa. Suo marito Giulio Boiti, che di questa storia è stato protagonista, dalla fondazione del CUCC a quello della biblioteca e collaborò con lei per tanti anni, era stato nominato da me e confermato dal sindaco mio successore Dario Zearo quale direttore della Civica. Quel giorno, comprensibilmente non c’era. L’allora presidente della giunta regionale Renzo Tondo e il sindaco Zearo lasciarono a me il compito di scoprire la targa.
Li ringrazio ancora oggi per l’onore, ma la mia commozione fu tanta. Lo dovevo però ad Adriana, a questa donna di Carnia semplice e forte, dolce e colta, alla ‘mia’ Adriana con la Nazionale senza filtro sempre in bocca che seppe intravedere in un goffo adolescente un adulto che avrebbe potuto fare del bene alla cultura e perfino fare il sindaco di Tolmezzo per dieci anni.
Grazie, Adriana. La mia storia è quella di tanti, che furono ragazzi curiosi di cultura, tra gli anni sessanta e ottanta e che tu aiutasti nella loro crescita. Grazie a nome mio e di tutti loro; grazie anche da parte di coloro che oggi fruiscono di una moderna biblioteca e del servizio bibliotecario e non conoscono la tua storia.
Pagina aggiornata il 18/05/2024